Sapete qual è l’eterno quesito, il solito micidiale tormentone che va avanti da oltre trent’anni, più tra i bassisti che tra i chitarristi, e che ciclicamente salta fuori?

E’ meglio uno strumento attivo o uno passivo?

e ovviamente, come corollario:

Quali sono i pro e i contro?

Vi dico subito che non ho l’arroganza di pensare di estinguere così, di punto in bianco, un’incertezza che si tramanda da anni, un ritornello che accompagna qualsiasi musicista, dagli esordi fino ai palchi negli stadi.

E’ un po’ come quei quesiti tipo “E’ meglio il jazz bass o il precision?”: non ci sarà mai una risposta, e continueremo a ritrovarli su riviste, forum, gruppi, blog; dopotutto son cose che servono a “fare contenuti”.

Tornando a noi:

Uno strumento con elettronica passiva è dotato solo di resistenze (variabili), condensatori e bobine. I componenti elettronici a bordo dello strumento possono solo tagliare il suono o parte di esso e selezionare le bobine (i pickup) da usare. Ogni regolazione che viene fatta al suono è fatta togliendo alcune componenti, alcune frequenze.

Pensiamo al controllo di volume: dal “tutto aperto” puoi solo silenziare progressivamente l’output, non puoi certo aumentare il volume.

Il controllo di tono invece fa passare certe frequenze (normalmente gli alti) e le disperde, non facendole mai arrivare all’amplificatore. Certo non potrai girarlo in modo di guadagnare più bassi o più alti. Nessun gain.

Uno strumento con elettronica attiva invece ha una circuiteria alimentata da una batteria che può preamplificare il segnale dello strumento prima di inviarlo all’amplificatore. Questo porta svariati vantaggi: il più evidente è che, potendo agire sia in taglio che in guadagno, è possibile avere un piccolo equalizzatore dove il suono, diviso in bande predeterminate, può essere riconfigurato a piacimento. Pensate alla comodità di poter non solo tagliare gli alti, ma enfatizzare i bassi, o creare una campana sui medi.

Il secondo grande vantaggio è dato dall’aver eliminato la perdita di segnale dovuta a un cavo lungo, tipica degli strumenti passivi. L’elettronica attiva agisce come un buffer, e il suono dello strumento non si degrada con l’aumentare della lunghezza del cavo.

Terzo vantaggio, che per la mia produzione è stato importantissimo: un’elettronica attiva a bordo consente di usare pickup a bassa o bassissima impedenza, che con l’elettronica attiva non suonerebbero praticamente per niente. Dei vantaggi dei pickup a bassa impedenza, che ho chiamato Biarnel lowZ e che hanno avuto un successo notevole, parleremo un’altra volta.

Per adesso dico soltanto: sono più silenziosi, hanno più dinamica, fanno risaltare il tocco e i legni.

Ma ne riparleremo.

Detto questo, verrebbe naturale pensare che l’elettronica attiva, così piena di vantaggi, abbia soppiantato nel corso degli anni quella passiva.

Come sapete, non è così.

L’elettronica attiva ha avuto qualche “problema di gioventù”, con strascichi che ne hanno macchiato la fama fino ad oggi.

Trent’anni fa, sicuramente, la componentistica non SMD e la scarsa miniaturizzazione ed efficienza rendeva le elettroniche soggette a radiodisturbi. Il suono dello strumento, specie dei bassi elettrici, veniva compresso fin troppo, e la differenza si sentiva. In studio di registrazione i fonici spesso risultavano scontenti e preferivano processare il segnale con i loro attrezzi ben più performanti.

Negli anni novanta poi c’è stata la corsa al risparmio con risultati facilmente immaginabili, e non parliamo delle batterie che smettevano di funzionare all’improvviso, distorcendo il suono fino a renderlo inutilizzabile.

Gli strumenti passivi dal canto loro avevano quel suono più “vero”, a cui ci siamo abituati in decenni di ascolto, e poi si sa, i musicisti spesso sono molto tradizionalisti, al limite del cocciuto.

Fu così che arrivarono gli switch attivo/passivo!

Per come la vedo io, questi switch sono una dichiarazione ben precisa: “ti hanno messo un’elettronica attiva che potrebbe non andarti bene in diverse situazioni, per cui facciamo in modo di poter escludere questo optional che hai pagato”.

Io ho affrontato il problema in maniera un po’ diversa.

Progettare i pickup in modo che possano funzionare sia con elettronica attiva che passiva significa arrendersi a tutta una serie di compromessi per far sì che suonino “benino” in passivo e “tutto sommato bene” in attivo. Questa cosa non mi piaceva.

Mi sono imposto una cosa: non vedrete in giro uno strumento Biarnel con questa personalità bipolare, o suona come deve in passivo o suona benissimo in attivo. Niente switch.

La cosa ha indispettito inizialmente molti potenziali clienti, ma alla fine ho capito che un cliente Biarnel deve volere un suono Biarnel per essere contento. Altrimenti, il mercato è vastissimo.

Ho progettato dei pickup che suonano benissimo in passivo, che sono silenziosi, schermati e con una bella voce, perché l’amante del suono old school tutto passivo c’è e ci sarà sempre, e ha assolutamente il suo perché. Per Patrick Djivas ho anche progettato l’elettronica QuadraCoil, che è una meraviglia ed è passiva, ma ne parliamo in un’altro articolo.

Ho di fatto “specializzato” gli altri miei pickup, i lowZ, quelli a bassa impedenza, e li ho legati ad un’elettronica proprietaria in grado di pilotarli e di dare un suono ricco, con tanta dinamica, privo di radiodisturbi, non compresso e soprattutto molto molto gradito a fonici, studi di registrazione, pedali e pedaliere multieffetto.

Chi vorrebbe mai disattivare un’elettronica così?

Alla fine, è meglio uno strumento attivo o uno passivo?

Ve l’avevo detto, non c’è una risposta, ma deve esserci se non altro una consapevolezza nella scelta.

Non possiamo più dire, con le elettroniche di oggi, “non lo voglio attivo perché suona male, finto, sparone”: no, è -quella- elettronica che suona male.

Non ha neanche senso abbandonare il passivo, finchè piace. E la semplicità piace, ciclicamente.

L’impegno, come costruttori, dovrebbe essere quello di farvi suonare con le condizioni migliori, facendo strumenti schermati e bobine adeguate alla scelta fatta.

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